Mi sono scordata
Mi sono scordata, una commedia di Ottavia Bianchi, diretta da Giorgio Latini, con musiche e arrangiamenti di Giacomo Ronconi, che, tra canzoni e parole – con i tre in scena – al teatro Altrove Teatro Studio, si cimenta in temi importanti che, nel titolo, contiene un gioco di parole rilevatore.
Il gioco di parole
Già, perché l’espressione “Mi sono scordata”, implica un duplice riferimento, da una parte alla dimenticanza, nello specifico alla perdita di memoria che affligge la protagonista; dall’altra, alla perdita di armonia nella musica che sempre tocca la protagonista, immemore di essere una cantante. Memoria e musica, metafora di coscienza e inconscio, sono i due binari paralleli su cui procede lo spettacolo e tra i quali intende proprio costruire un ponte.
L’alternanza giorno – notte
La pièce è tutta giocata sull’alternanza giorno-notte, sonno-veglia, che vengono rappresentate rispettivamente con parole, razionali e ponderate, e canto, specchio dell’anima e delle emozioni. In un gioco a tre, tra Amanda, Dario e Sergio, queste dimensioni entrano in contatto, si rincorrono, fino a completarsi vicendevolmente. La protagonista, Ottavia Bianchi, nei panni della smemorata Amanda, si rapporta in modo razionale, attraverso il dialogo (diurno) con Dario – interpretato da Giorgio Latini: scrittore solitario, notturno, un tantino in crisi, con alle spalle diversi traumi; e in modo irrazionale, tramite la musica, con Sergio – alias: Giacomo Ronconi, musicista, libero e istintivo. Tutti e tre i personaggi vivono soprattutto di notte, nella misura in cui, solo nelle ore notturne esprimono la loro creatività.
Rapporto tra coscienza e inconscio
La commedia, focalizzandosi sul rapporto tra inconscio e coscienza, è costruita sull’alternanza giorno – notte. La musica, che vive di notte, rappresenta per l’appunto l’inconscio; mentre le parole che si estrinsecarono nel dialogo diurno tra i due protagonisti rappresentano la coscienza. Con ogni canzone, brani originali scritti da Ottavia Bianchi e raccolti nel disco appena uscito, Amanda, ricorda qualcosa della sua vita dimenticata.
Musica e inconscio
Devo dire che la trovata di collegare, attraverso la musica, coscienza e inconscio è molto poetica, e, soprattutto, offre una visione particolarmente felice dell’essere umano, dimostrando come l’inconscio sia molto più libero, sano e vitale della razionalità che, come prova Dario, riduce tutto a un freddo calcolo utilitaristico.
Dario: freddo come chat GPT
L’anaffettività di Dario emerge in maniera lampante per il suo essere scrittore; occupazione che, in teoria, dovrebbe essere basata sulla fantasia e la capacità di immaginare. Al contrario, il personaggio interpretato da Giorgio Latini è del tutto privo di queste caratteristiche. Dario è pervaso da una rigidità totale, ossessiva e paranoica che si traduce, oltre che nel linguaggio – affettato e preciso – e nel comportamento – germo-fobico e controllato – anche nella sua modalità di scrittura: simile in modo inquietante a chat GPT. Dario, che, in fondo, sa di essere un cattivo scrittore, produce i suoi romanzi trash procedendo per calcoli e algoritmi; proprio come l’innovativo software di intelligenza artificiale. Con l’obbiettivo di scrivere ciò che le masse vogliono leggere, non di esprimere ciò che sente. Lo spettacolo crea dunque un sinistro parallelismo con il computer, per cui i ruoli vengono ribaltati. Non è più la macchina che emula l’intelligenza umana ma il contrario. Tuttavia, anche per il gelido Dario Mi sono scordata offre una possibilità di riscatto.
Il recupero con l’inconscio come possibilità di salvezza
Mi sono scordata è una storia di rinascita che parte dalla protagonista femminile, per coinvolgere tutti i personaggi. Amanda che, inizialmente, appare quella in maggiore difficoltà, in realtà è l’elemento chiave per innescare il processo di cambiamento. Grazie all’intuizione dei due amici, la protagonista, a partire dal rapporto con la musica, che rappresenta il suo “io” più profondo, recupera la memoria e, dunque, la sua dimensione cosciente. E, in questo percorso di rinascita “trae in salvo” anche gli altri protagonisti. Dario, lo scrittore sociopatico e anaffettivo, grazie al rapporto con l’immagine femminile recupera l’affettività, l’umanità e scopre la capacità di amare. Mentre, Sergio, il musicista, conquista un bilanciato rapporto con la realtà.
Una recitazione un tantino macchiettistica
Tuttavia, per i miei gusti, ho trovato la recitazione un po’ troppo caricata, a tratti macchiettistica. Con uno stacco sproporzionato tra la naturalezza e spontaneità dei momenti di musica, e quelli dialogici, artefatti e infarciti di luoghi comuni.
L.P.