Al teatro Vascello, lo spettacolo comincia e basta. Si vede subito che è una proposta diversa. Maleducata, inquieta, impaziente, che non aspetta il calar delle luci in sala, l’ingresso degli ultimi spettatori.
Del resto, il Cirano di Leonardo Manzan e Rocco Placidi non vuole essere il dramma di Edmond Rostand ma vuole riproporne solo l’essenza: la storia di tre ragazzi incazzati perché hanno fatto un casino tale che, invece di portarli a godersi la vita, li ha condotti alla morte.
Cirano deve Morire è un dramma in rime rap, feroci e arrabbiate, che sfida il pubblico senza mezze misure e peli sulla lingua e che, più volte, va oltre il limite del consentito per spingersi anche troppo oltre.
La scenografia e i costumi
Sullo sfondo di una scenografia post-industriale, curata da Giuseppe Stellato, che ricorda la location di un rave; in cui, per l’appunto, Filippo Lilli alla consolle scratchia, mixa ed suona – brani rigorosamente originali – dal vivo, gli attori si muovono nei costumi di Graziella Pepe; i due ragazzi in vesti a metà strada tra l’antico e il moderno; mentre a Rossana, l’unica sopravvissuta, non è mai concesso di abbandonare l’abito d’epoca.
Rossana: una splendida Paola Giannini
Lei, interpretata dalla bravissima e bellissima Paola Giannini, apre il dramma con un’invettiva lunga e ritmata; sputando fuori, sotto forma di taglienti rime, tutta la sua rabbia per essere stata strumentalizzata e presa in giro dai due amici, Cristiano e Cirano, rispettivamente interpretati da Alessandro Bay Rossi e Giusto Cucchiarini. Tanto che, in apertura, questo spettacolo sembra quasi una rivalsa della protagonista, oggetto, più che soggetto dell’amore e del cieco desiderio dei due. Peccato che questa sia solo un’illusione, perché la magnifica figura femminile emerge all’inizio dello spettacolo per poi ricadere nell’ombra e tornare a rivestire, ancora oggi, il ruolo passivo, da gatta morta, del 1897.
Cirano e Cristiano: i veri protagonisti
I veri protagonisti, anche in questa versione moderna ed esasperatamente “super giovane” di Manzan, sono i due uomini che usano la donna solo come un mezzo per incrementare il loro ego maschile.
Sicuramente Cirano deve morire è uno spettacolo originale, che, come ha affermato Antonio Latella, alla consegna del premio della Biennale di Venezia: “ha il coraggio di esporsi e rischiare”, dal momento che Leonardo Manzan: “Ha dimostrato di essere pronto ad attraversare quella linea gialla che delimita la zona di sicurezza per andare in zone anche pericolose, mai rassicuranti e ovvie”.
Non basta andare oltre i limiti per fare una rivoluzione
Tuttavia, per quanto riconosca anche io questi meriti all’autore ed essere stata inizialmente conquistata ed estasiata da questo spettacolo così diverso e indisponente, non posso fare a meno di notare che forse non basta superare i limiti per avere successo. Nella misura in cui, andando necessariamente contro, alla cieca, semplicemente distruggendo, si rischia di perdere anche delle conquiste utili, con un conseguente e deludente “ritorno indietro” più che andare avanti.
La vera rivoluzione sta nella crescita
A mio parere, per essere rivoluzionari occorre proporre valori nuovi, costruttivi, come stanno facendo i coraggiosi ragazzi in Iran. Non basta decostruire e distruggere, perché così si rischia solo di cadere in un nichilismo che, come dimostrato dalle recenti ed allarmanti ricerche, è già largamente diffuso tra i giovani.
La prima caduta di stile
Allora, nonostante io sia atea, ho trovato di cattivo gusto porre in bocca a uno dei protagonisti una bestemmia, anche se detta senza parole. Perché, per quanto il teatro debba anche cercare una rottura, secondo me deve sempre conservare un valore educativo nel proporre una versione del mondo migliore dell’esistente. Quindi, in una realtà in cui ci si ammazza ancora per la religione, e torniamo in Iran, eviterei di fomentare l’odio e l’intolleranza; o comunque di far passare il messaggio, ad un pubblico di giovanissimi, che “bestemmiare sia fico”, perché non lo è.
Il rispetto per il diverso è fico. Andare oltre i propri “credo”.
Ma davvero così?
Poi, un’altra scena che davvero non mi sarei mai e poi mai aspettata, in uno spettacolo di giovani, per i giovani e che ho trovato maschilista, vecchia e misogina. Quella dei due che, per sancire il loro patto alle spalle di Rossana, invece di brindare, dall’alto dell’impalcatura, le pisciano, metaforicamente, in testa. Ecco, penso che un’umiliazione del genere, alla vigilia del 25 novembre, sul palco di un teatro gremito di liceali sia davvero tremenda, ridicola e vecchia. Una battuta degna della tv dei peggiori anni Novanta.
Per andare contro il sistema bisogna essere umani
Insomma, se lo scopo era andare contro il sistema ed essere innovativi, mi pare che non sia molto riuscito; perché, come sta dimostrando la storia che si sta scrivendo in questi giorni in Iran, non è con la violenza, l’arroganza e il bullismo che si può costruire il domani, ma con gli atti davvero dirompenti: quelli d’amore e del rispetto. Come il bacio dei due ragazzi in mezzo al traffico in Iran; il silenzio dei campioni di calcio durante l’inno ai mondiali e ancora, per cambiare scenario, l’abolizione delle differenze e gerarchie di genere tra i membri del PKK.
Gli Attori
Lo spettacolo è difficile e il rap rende tutto più complicato, eppure in scena tutti si muovono con la massima spontaneità e convinzione.
Le rime scioglilingua scivolano senza tregua, come in un vero e proprio duello.
Gli interpreti sono tutti e tre meravigliosi, coinvolgenti e appassionanti. Il pubblico vive il dramma con loro, si immedesima, motivo per cui ho trovato incisive le cadute di cui sopra. Se fossero stati freddi e inespressivi non avrebbero avuto così tanto peso.
L.P.