“È l’omicidio a renderci voraci.” Clitennestra
Clitennestra
Uno spettacolo potentissimo. Emozionante. Coinvolgente.
Uno scenario inquietante, desolato. A metà strada tra un macello dismesso, un fabbricato abbandonato, un ex manicomio.
Un’atmosfera sospesa e rarefatta, da film horror più che da tragedia greca, fanno da sfondo agli otto interpreti di Clitennestra, guidati dalla struggente voce della protagonista, interpretata da una magistrale Isabella Ragonese, che ripercorre con accesa ferocia, in un viaggio mentale, la sua disperazione di madre.
Roberto Andò
Roberto Andò con quest’opera poderosa, tratta da La casa dei nomi di Colm Tóibín, di cui ha curato adattamento e regia, si conferma ancora una volta come uno dei più validi drammaturghi del nostro tempo. Capace di tenere con il fiato sospeso una platea gremita, di stupirla con trovate inattese e persino di farla ridere nei momenti più inaspettati. In questo caso del Teatro Argentina di Roma, ma presto anche di altre città italiane.
La compagnia
E se il suo talento risiede nelle dimestichezza con le parole che modula come note per ottenere gli effetti voluti, nonché nelle doti visionarie che ne fanno un creatore di mondi; contemporaneamente la sua bravura sta nella capacità di sapersi circondare delle persone giuste, oltre che nella sensibilità di saper scegliere, con sagacia e accuratezza, i testi su cui lavorare.
Gli interpreti di Clitennestra
Clitennestra
Gli attori in Clitennestra sono tutti più che appropriati. Ognuno di loro è perfettamente calato nella parte e, immedesimato a pieno nel proprio personaggio, ne mette a nudo fragilità e debolezze. Isabella Ragonese regge con drammatica umanità e naturalezza tutto il dramma, restituendo l’immagine di una madre distrutta e, contemporaneamente, della moglie accecata dall’ira che si trasforma in “perfido mostro” per vendicare i torti subiti.
Agamennone
Ivan Aloviso è un Agamennone governato da un mix di freddezza e anaffettività. Estraneo al conflitto morale tra ragion di stato e ragion del cuore, non sembra avere la minima esitazione a sacrificare sua figlia e a farlo sporcando il nome di Achille per portare le donne al campo con un vile tranello. Ma più per compiacere l’esercito e portare a casa il successo che per una profonda convinzione personale. Come se, l’Agamennone qui rappresentano, ribaltasse il concetto classico di “calogatia” per creare volutamente un contrasto tra il corpo esternamente perfetto e un’interiorità meschina, debole e frammentata, più vicino a un Dorian Gray che a un eroe classico.
Agli antipodi si colloca Achille, interpretato da Denis Fasolo. Che, invece, nella sua passionalità, veemenza e possanza incarna a pieno titolo il prototipo dell’eroe, onesto, fiero e leale.
Ifigenia e le altre donne
Commovente e rabbiosa, così è l’Ifigenia di Arianna Becheroni, bambina e donna nello stesso tempo, terrorizzata e fiera, nella piena accezione del termine, nella misura in cui con le sue urla, a tratti più simili a ruggiti che a voce di donna, richiama il macello di un animale. La sua interpretazione tocca picchi altissimi e sull’altare sacrificale raggiunge il culmine. Così, dopo aver proferito agghiaccianti maledizioni, spira pronunciando una battuta che esprime tutta la consapevolezza e saggezza che, estranee a una giovane adolescente, solo l’inaudita sofferenza poteva conferire: “Il ricordo del mio nome vivrà più del ricordo di molti uomini”.
Anita Serafini esplode la furia impietosa di Elettra, mentre Katia Gargano, vecchia popolana commenta cinicamente le vicende.
Egisto e Cassandra
Per Egisto e Cassandra, gli stranieri nemici di quell’Agamennone che aveva distrutto le loro vite, Roberto Andò a compiuto due scelte singolari e, a mio parere, indovinate, in linea con lo spirito del testo. Infatti, da una parte Cassandra è conturbante avvenente Cristina Parku, e proprio come l’eroina classica rivela una magnifica voce che sembra rimanere inascoltata. Dall’altra, il misterioso Federico Lima Roque, affascinante e assetato di vendetta, con il suo accento portoghese volutamente esasperato, sottolinea quell’alterità tipica dei barbaroi così invisi agli Achei.
Il Coro e la psichedelia
Luca de Santis, Eleonora Fardella, Sara Lupoli, Paolo Rosini, Antonio turco, fanno il coro che irrompe in scena amplificando il dramma con momenti di psichedelia e delirio fortissimi. Grazie anche ad una colonna sonora emozionante, efficace ed impattante, che culmina con Firestarter dei Prodigy, la Clitennestra di Andò si presenta come un dramma classico ed estremamente attuale. A riprova del valore universale della tragedia e del teatro che, in quanto storie di persone, non hanno età e sono sempre validissimi strumenti per riflettere e approfondire l’altrettanto tragico presente che stiamo vivendo.
L.P.