Ludovica Palmieri

Ascanio Celestini torna a La Sapienza per il Teatro delle Migrazioni

Bisogna ricordare il nome dei morti per seppellirli nel cuore dei vivi
Ascanio Celestini

A La Sapienza arriva la Terza Edizione del Festival “Teatro delle Migrazioni” 

Due racconti e un regalo. Così, con lo spettacolo intitolato “Storie di persone. Racconti di viaggi, migrazione e razzismo”, Ascanio Celestini, accompagnato alla fisarmonica da Gianluca Casadei, ha aperto la Terza edizione del Festival “Teatro delle Migrazioni, in corso presso il Nuovo Teatro Ateneo della Sapienza dall’uno al tre luglio. Un festival, come si evince dal titolo, organizzato da La Sapienza e finanziato nell’ambito delle attività di Terza Missione e Public Engagement di Ateneo, per promuovere, anche presso un pubblico non accademico, la pace e il dialogo tra i popoli, la sensibilizzazione e l’attenzione sui temi dell’immigrazione e dell’inclusione. Perché, come ha affermato il Prof. Guido Di Palma: “In un mondo sciagurato incapace di dialogare, che preferisce il linguaggio delle bombe, del terrorismo e del profitto spietato invece della solidarietà, occorre ritrovare la capacità di ascolto di ciò che si considera diverso da sé. Il teatro è un mezzo straordinario per confrontarsi con l’altro, per penetrare nelle vite altrui, per comprendere.”

La poetica di Ascanio Celestini

Lo spettacolo portato in scena da Ascanio Celestini è più che complesso. Nell’arco di un’ora e mezza tocca tematiche profondissime e lo fa adottando diversi punti di vista che scatenano un enorme turbinio di emozioni. Amplificato dall’efficace poetica che da sempre contraddistingue l’autore; caratterizzata dalla narrazione veloce ma limpida; la cadenza musicale e poetica che trasforma alle orecchie del pubblico ogni parola, per quanto amara, in ciliegia, per cui l’una tira l’altra; i leitmotiv che rimangono impressi nel cuore, nella pancia e nella mente e il linguaggio figurato ma semplice che disegna immagini nella mente di chi ascolta, perché Ascanio Celestini è un artista del racconto che dipinge con le parole.

Storie di Persone

Lo spettacolo, come anticipato, si compone di due racconti e un regalo, perché dopo averne annunciati due, Ascanio Celestini ha proseguito con il terzo. Crisi umanitaria, crisi personale, crisi politica. Storie di persone è uno spietato viaggio all’interno della società e dell’animo umano, politicamente scorretto e senza peli sulla lingua che, attraverso le rocambolesche vicissitudini dei protagonisti, fa capire come la vita non sia tutta bianca o nera ma un insieme infinito di sfumature. E che in questo incessante movimento, al di là della provenienza, del credo religioso o politico, del ceto sociale, siamo tutti esseri umani, con le stesse fragilità e debolezze. Il tono è cinico, disincantato, per quanto riesca ad essere anche tenero e comprensivo, gli argomenti toccati altamente drammatici.

Ascanio Celestini, storie di persone, ph Alessandro Castiello
Ascanio Celestini, storie di persone, ph Alessandro Castiello

Joseph, il seppellitore

La storia di Joseph, il seppellitore, parla del viaggio di un migrante. Significativamente l’autore inizia il racconto ben prima della partenza; per sottolineare come l’idea del viaggio non nasca necessariamente da una situazione drammatica di necessità ma come opportunità; esigenza interna di crescita e miglioramento. Ed, altrettanto simbolicamente, la narrazione si conclude in un’Italia poco ospitale in cui c’è poco spazio per le domande e troppo per i giudizi. Oltre alla tragedia dei migranti, alle difficoltà di integrazione, alle ingiustizie sociali; Celestini affronta anche la questione delle case circondariali, con specifico riferimento a Capua Vetere, teatro dell’orribile mattanza del 6 aprile 2020, in cui ogni ala si chiama come un fiume ma non c’è acqua potabile. Sottolineando come le carceri, sovrappopolate e governate dalla violenza, in molti casi finiscano per essere degli incubatori di criminalità piuttosto che luoghi di educazione e reintegrazione sociale.

Il papà di Giovanni

Il secondo racconto, che chiamerei Il papà di Giovanni, improntato sui legami famigliari e il razzismo, mostra come dietro false credenze ci siano spesso drammi personali, tragedie dilanianti che esulando da qualsiasi spiegazione razionale trovano consolazione in vuote banalità.

Un cittadino incazzato

Il “regalo”, ovvero il terzo monologo che ha per protagonista Un cittadino incazzato ha un’ambientazione esplicitamente politica, nel senso che è ambientato in Parlamento. Del resto, come sottolinea l’autore – che di certo non si tira mai indietro ed esprime ad ogni respiro il suo sentire: “Un artista è chiamato a fare scelte politiche”.

Un cittadino incazzato, nel suo svolgersi direttamente in parlamento, mette in luce come, indipendentemente dalle idee con cui si entra in politica, giuste, rivoluzionarie, egualitarie; una volta dentro si venga inevitabilmente fagocitati da un magma di privilegi ed omertà che annebbia la mente, ottunde i sensi, facendo dimenticare anche i più nobili principi. Dinamica che Ascanio Celestini porta in scena con ironia, irriverenza e poesia, facendo apparire gli ex rivoluzionari quasi come vittime di un sistema più grande di loro.

Il Festival

Dopo quello di Ascanio Celestini, gli altri due spettacoli che hanno animato il festival sono stati “Sindrome Italia. O delle vite sospese” di e con Tiziana Francesca Vaccaro (in scena il 2 luglio alle ore 20,15), “L’ultimo Icaro” una produzione dei Cantieri Meticci (in scena il 3 luglio alle ore 20,15), per un totale di tre pièce volte a promuovere il dialogo interculturale, attraverso un lavoro di narrazioni e drammaturgia legati al tema delle migrazioni e al confronto con l’”altro”.

L.P.

 

 

Ascanio Celestini
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