Ludovica Palmieri

Al Conservatorio di Santa Cecilia il Jazz diventa universale grazie a un festival

Il Festival Jazz Idea

L’auditorium del Conservatorio di Santa Cecilia apre le porte per Jazz Idea, un festival gratuito che, dal 26 febbraio al 2 aprile, offre l’opportunità di ascoltare ben dodici concerti in cui le giovani promesse del jazz suonano al fianco di musicisti di fama internazionale. (Ogni domenica vengono proposti due concerti)

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Roma una città culturale

Iniziative meravigliose, come questa, sconfessano quanti si lamentano che a Roma “non ci sia mai nulla da fare”. Al contrario, viviamo in una città che, ogni giorno, offre una nutrita proposta culturale, composta da iniziative ed eventi di diversa natura. Mostre, concerti, conferenze. E questo ricchissimo festival ne è un magnifico esempio. 

Grandi esponenti del jazz in dialogo con giovani promesse

Il Jazz Idea, quest’anno alla seconda edizione, è organizzato dal Dipartimento di Nuove Tecnologie e Linguaggi Musicali (Jazz) dell’auditorium Santa Cecilia, con la direzione artistica di Carla Marcotulli. E, come anticipato, offre concerti di altissimo livello a costo zero.

I nomi del Festival sono da capogiro. Nuovi talenti, formati appunto nel conservatorio, si misurano con grandi artisti del panorama internazionale, come: Enrico Pieranunzi, il duo di Rita Marcotulli e Carla Marcotulli, Aaron Goldberg ospite di Fabio Zeppetella, Flavio Boltro, Ettore Fioravanti, Patrizia Scascitelli.

Premessa ai naviganti

Premetto che io scrivo da profana. Sono una semplice appassionata e non sono una critica musicale. Tuttavia sento il bisogno di esprimere e condividere con voi il mio entusiasmo per quest’esperienza.

Il concerto inaugurale

Il concerto inaugurale ha visto come protagonisti il duo composto da Enrico Pieranunzi e Valentina Ranalli e il quartetto Opus Magnum di Ettore Fioravanti, per due ore di musica davvero mozzafiato. E che, personalmente, sono valse tutta la pioggia che ho preso al ritorno.

Il jazz è una musica viva, palpabile, sensuale, dalla potenza dirompente. Si tratta di un genere che si declina in molteplici sfaccettature. Può essere lento, romantico, struggente; oppure, movimentato, allegro e ruggente. Ed è una musica che, se fatta in gruppo, si arricchisce del rapporto interumano, dell’intesa tra gli interpreti. Nel concerto inaugurale di Jazz Idea, del 26 febbraio, tutte queste componenti sono venute fuori. Il jazz proposto dal duo Pieranunzi – Ranalli, con il concerto Cantare Pieranunzi, lo definirei morbido e vellutato, con punte ammiccanti e veloci. Mentre, quello proposto dal quartetto Opus Magnum, è stato più movimentato e ritmato.

Cantare Pieranunzi

Da tanti anni nutro una grande passione per Enrico Pieranunzi. Un pilastro del jazz italiano e internazionale che, pur avendo alle spalle una carriera brillante, costellata di enormi successi, non smette mai di stupire. Già perché, l’affermato maestro non smette mai di mettersi alla prova, cimentandosi in nuove sfide ed avventure, proprio come ha fatto nello splendido rapporto con Valentina Ranalli che ha portato alla realizzazione del disco Cantare Pieranunzi.

La genesi del disco

Cantare Pieranunzi, da cui sono stati tratti i brani cantati, è un disco caratterizzato da una nascita davvero speciale: la realizzazione di un sogno. Ovvero, la metamorfosi di una semplice tesi di laurea in un progetto discografico.

In breve: da cosa nasce cosa

Valentina Ranalli protagonista del sogno, del disco e del concerto, insieme a Pieranunzi, ha raccontato come, spinta dalla passione per il maestro, iniziò per caso a dare voce alle sue musiche, scrivendone le parole. Inizialmente solo per sé, senza alcun motivo in particolare. Poi, parlandone con la sua insegnante di canto jazz, Carla Marcotulli, maturò l’idea di farne il soggetto della tesi. Nel frattempo l’insegnante, nonché direttrice artistica del festival, conquistata dal progetto, lo comunicò direttamente all’interessato che, a sua volta, dimostrando  apertura e lungimiranza per questa inedita interpretazione del suo lavoro, chiuse il cerchio contattando Valentina. In un circolo virtuoso che dimostra come la realtà possa anche superare sogni e aspettative.

Attraverso le parole, le musiche di Pieranunzi acquistano colori nuovi, per usare una sua espressione, iniziando a parlare un altro linguaggio.

Valentina Ranalli, bravissima nella performance live, si è rivelata una poetica interprete dei testi di Pieranunzi, capace di mutare non solo argomento e atmosfere ma anche idioma, a seconda del brano interpretato. Italiano, napoletano, inglese e francese perché le melodie non sono tutte uguali ed ognuna ha la sua lingua di riferimento. Come se Valentina traducesse la musica in parole, tirando fuori dei significati già contenuti nei brani.

I brani

Corredati dei testi, i brani di Enrico Pieranunzi vivono una nuova dimensione, dimostrando come la musica sia rapporto; perché l’incontro tra generi, generazioni e, semplicemente, identità diverse è foriero di ricchezza e nuove opportunità. Nei brani più lenti, come When I think of you, ho percepito la voce accomodarsi morbidamente tra le note. In quelli più veloci, mi è parso di assistere ad un intrigante inseguimento ma sempre studiato e ben calibrato. Da partenopea DOC ho apprezzato sia i testi in napoletano, sia l’idea di tradurre in inglese brani nati alle falde del Vesuvio. Bellissimo Horizontes Finales, tributo ad Antonio Sánchez, grande batterista sud americano vicino al maestro. Avrei voluto ascoltare Les Amantas, uno dei miei brani preferiti dell’artista ma il fatto che non sia stato eseguito, rappresenta un buon motivo per trovarmi in prima fila anche al prossimo concerto.

Penso che l’immagine femminile di Valentina Ranalli sia stata decisiva nel caratterizzare il disco e il concerto, per il suo spirito innovativo, fresco, partenopeo e aperto alla sperimentazione che ha trasmesso in sala.

Opus Magnum

Festival Jazz Idea, Opus Magnum Fotografi Jazz Roma
Festival Jazz Idea, Opus Magnum Fotografi Jazz Roma

Dopo di loro, sono saliti sul palco gli artisti del progetto Opus Magnum: Marco Colonna al clarinetto; Igor Legari al contrabbasso; Andrea Biondi al vibrafono; Ettore Fioravanti alla Batteria, un quartetto frizzante ed esplosivo che ha tenuto il pubblico agganciato al ritmo andante del loro sound per tutto il tempo del concerto. I brani eseguiti hanno attraversato sonorità diverse dalla tradizione jazzistica (Monk e Dolphy in particolare) a quella popolare, dalle canzoni agli spunti dal repertorio classico, dal rock alle suggestioni africane, dando ampio spazio a tutti i musicisti che hanno avuto modo di esprimersi al meglio.

Devo dire che Marco Colonna, sassofonista che ha dato il la al progetto con Ettore Fioravanti, suo fondatore, mi ha proprio conquistata. Nello specifico suonando il clarinetto, uno strumento di cui non conoscevo le possibilità, in grado di passare rapidamente dalle tonalità graffianti e sensuali del sax a quelle più squillanti e cristalline della tromba.

Nel complesso il progetto Opus Magnum ha sprigionato una portentosa forza, con delle melodie che, riversandosi direttamente nel sangue, obbligavano il corpo al movimento. I musicisti sono stati tutti di altissimo livello coinvolgendo al massimo gli spettatori in sala.

Il jazz una prorompente energia vitale

Per concludere posso dire che, come alcune persone speciali, il jazz non è sempre facile. All’inizio può risultare di non immediata comprensione; tuttavia, per fortuna, non serve capire troppo con la razionalità per abbandonarsi all’ascolto. Dal momento che, anche se non si è esperti conoscitori, come nel mio caso, basta farlo scivolare dento per iniziare a sentirlo e trarne una magnifica energia vitale.

L.P.

 

Festival Jazz Idea, Cantare Pieranunzi Fotografi Jazz Roma
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