“Lo spazio amplificato di Anish Kapoor” articolo scritto per Left e pubblicato sul numero 18° 2022
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Una riflessione sulla mostra personale di Anish Kapoor, a cura di Taco Dibbits, direttore del Rijksmuseum di Amsterdam, in corso fino al 10 ottobre, presso le Gallerie dell’Accademia e Palazzo Manfrin.
Per la prima volta, un artista britannico si confronta con questi ambienti storici, gremiti di arte e vita. Gallerie dell’Accademia e Palazzo Manfrin sono due edifici legati dalla storia. Il museo veneziano ospita un nucleo di ventuno opere – tra cui La Tempesta di Giorgione – proveniente dalla collezione Manfrin, acquisito nell’Ottocento, dopo la morte del conte che aveva trasformato il primo piano in una galleria d’arte. Dopo essere stato per diversi anni vuoto, Palazzo Manfrin – acquisito dall’Anish Kapoor Foundation -, ritrova la sua antica vocazione e torna a celebrare l’arte accogliendo, ancora in veste di cantiere, la mostra dell’artista britannico. Alla chiusura della mostra, il palazzo di Cannaregio sarà sottoposto ad un radicale restauro guidato dall’architetto Giulia Foscari / UNA studio e sviluppato in collaborazione con FWR associati.
Una mostra che gioca con lo spazio, articolata in due sedi
In queste due prestigiose sedi, Anish Kapoor è rappresentato da sessanta opere che, pur raccontandone il percorso artistico, mettono il visitatore al centro, rendendolo protagonista. I lavori esposti sono riconducibili a tre filoni di ricerca. Opere magmatiche, materiche, opulente; caratterizzate dalla prevalenza del rosso e da un tono forte, fisico, a tratti violento, come la colossale Symphony for a Beloved Sun (2013) oppure l’impressionante e profetico vortice incessante Turning Water Into Mirror, Blood into Sky (2003) a Cannaregio; o ancora il minaccioso ma inoffensivo Shooting into the Corner (2008-2009) alle Gallerie dell’Accademia; si alternano alle grandi sculture specchianti e alle opere più recenti, esposte qui per la prima volta, realizzate con l’innovativo pigmento Black Kapoor.
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