Ludovica Palmieri

Casa di Bambola. Il rumore dei silenzi

Casa di Bambola

Un testo teatrale del 1879 che, per la sua drammatica e sconvolgente attualità, sembra essere stato concepito ieri. La Compagnia Epione ha portato in scena, al teatro Ivelise, Casa di bambola di Henrik Ibsen, nella versione di Ivano Capocciama, drammaturgo e regista dello spettacolo.

L’analisi del rapporto coniugale

Casa di Bambola, al teatro Ivelise
Casa di Bambola, della Compagnia Epione, al teatro Ivelise

Una pièce che ha il valore di un testo psicoterapeutico per la profondità e pregnanza con cui affronta il tema, sistematicamente non detto, dell’anaffettività, dell’assenza emotiva, dell’incapacità di esserci nel rapporto, esserci per l’altro che spesso caratterizza i rapporti coniugali.

Casa di bambola, quando la donna diventa un oggetto

A partire dal titolo: Casa di bambola, Ibsen palesa esplicitamente come nella società borghese la donna venga oggettificata. Diventi, appunto, bambola, strumento di trastullo di un marito capace solo di “dare” in termini materiali e non affettivi; padrone, nella misura in cui pretende, a fronte di questo “vuoto dare”, il controllo emotivo sulla moglie, oggetto del suo desiderio. Ma tale pretesa, e lo mette bene in evidenza Ibsen, innesca un circolo vizioso, malato, sadomaso, in cui la moglie, rifiutando di sentirsi oggetto, fa’ lo stesso, ovvero oggettifica il suo carnefice, alias marito, in una spirale di odio, incapacità di amare che potremmo definire genesi di un femminicidio. Delitto che, come purtroppo leggiamo sulle pagine di cronaca dei giornali, in alcuni casi è il tragico epilogo di rapporti uomo-donna malati. Del resto, non possiamo dimenticare che il femminicidio è ancora la causa di morte non naturale più diffusa tra le donne.

La separazione: una sana via d’uscita

Tuttavia, c’è un’altra via d’uscita: quella di una sana separazione, di un sano rifiuto. Possibile soprattutto nei casi in cui la donna sia riuscita a conservare una fiamma di vitalità, una sua affettività, per cui trova la forza di rifiutare la violenza fisica ma, molto più spesso, psicologica, andando via; voltando pagina; separandosi e rifacendosi una sua identità, nuova e diversa, totalmente indipendente, opposta a quella di moglie, bambola oggetto.

L’interpretazione di Capocciama

Casa di Bambola, al teatro Ivelise
Casa di Bambola, della Compagnia Epione, al teatro Ivelise

Al teatro Ivelise, Capocciama porta in scena la versione Alongiana dello spettacolo di Ibsen che, rispetto all’interpretazione tradizionale, dà un maggior rilievo alle pause, ai momenti di silenzio che bersagliano e crivellano il dramma, sottolineandone il significato e l’intensità.

Sul palco, il riadattamento del regista prevede tre personaggi, interpretati magistralmente da Rossella Rhao, Paolo Ricci e Francesco Paolo Condello che, sin dalla prima scena, trasmettono lo stato di angoscia, ansia, vissuto, in particolare, dalla bella Nora. Il pathos è massimo e viene amplificato dall’escamotage delle telecamere che, raddoppiando le presenze sceniche, creano un’inquietante distorsione della realtà facendo crescere la tensione. Tuttavia, in questo clima estremamente teso, il regista concede dei momenti di respiro agli spettatori, attraverso la bellissima colonna sonora che accompagna lo spettacolo. Ogni momento musicale crea una pausa che allenta la tensione per poi farla risalire al massimo subito dopo. In un sali e scendi emozionale che tiene il pubblico sempre all’erta fino alla fine inaspettata, liberatoria dello spettacolo.

L.P.

Casa di Bambola, al teatro Ivelise
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