Damien Hirst alla Galleria Borghese in collaborazione con Mentinfuga
Varcare la soglia di Galleria Borghese in occasione di Archeology Now, per la mostra personale di Damien Hirst, equivale ad entrare in un’altra dimensione. La realtà lascia spazio ad un mondo di sogno in cui il confine tra possibile e impossibile diventa un lontano ricordo.
Archeology now: un incantesimo
Damien Hirst alla galleria Borghese, coadiuvato dai curatori Anna Coliva e Mario Codognato, con la mostra Archeology now ha realizzato un vero e proprio incantesimo. Come se, salendo le scale che conducono all’ingresso della Galleria, lo spettatore, come un moderno Dante, entrasse in un universo parallelo, magico. All’interno del museo, infatti, la sensazione è quella di essere deprivati delle tradizionali categorie attraverso cui solitamente elaboriamo la realtà, secondo un dilatarsi e restringersi dei principi di razionalità che sembra obbedire alla volontà dell’artista.
Una realtà parallela, senza tempo
Sicuramente il maggior senso di spaesamento e déjà-vu è dato dal completo ribaltamento della categoria del tempo che, all’interno della Galleria, cessa di scorrere secondo l’asse lineare che tutti noi conosciamo per diventare materia duttile e flessibile, plasmata dall’artista. Il bello è che, nell’intervenire sul tempo esterno, l’artista incide anche su quello interno dello spettatore. Attraverso l’esposizione di opere che, senza soluzione di continuità, rimandano all’antica Grecia, all’entico Egitto, passando per la mitologia, l’archeologia fatata degli unicorni fino ad arrivare ai robot, senza dimenticare i bellissimi dipinti della serie Colour Space che si inseriscono perfettamente nella pinacoteca tanto da sembrarne endemicamente parte, memoria storica, memoria collettiva e memorie individuali degli spettatori si intrecciano e si confondono, sino a diventare un tutt’uno impossibile da districare.
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