Quasi amici, uno spettacolo libero
Uno spettacolo che, come i suoi protagonisti: “Non ha nessun riguardo, è libero.
Libero dai sensi di colpa.”
Massimo Ghini e Paolo Ruffini, per la regia e l’adattamento di Alberto Ferrari, sono i protagonisti di Quasi Amici, la fortunata commedia di Eric Toledano e Olivier Nakache, in scena al teatro Parioli fino al 27 febbraio.
Opera commovente e toccante, tratta da una storia vera che, nel suo essere scomoda, maleducata, e politicamente scorretta fa bene al cuore e, soprattutto, ha molto da insegnare.
La disabilità e le disparità sociali
Quasi amici è un condensato di tematiche tanto fondamentali quanto difficili, a partire dalla disabilità che affronta senza alcun pelo sulla lingua; parlando con leggerezza e profondità di tutte le difficoltà che la condizione, in questo caso della tetraplegia, comporta e mettendo così in risalto l’altra grande tematica della vicenda, ovvero: le disuguaglianze sociali. Perché Philippe, alias Ghini, è consapevole di potersi permettere la malattia, che per i costi delle cure e del personale rappresenta paradossalmente un lusso.
Le altre tematiche
A corollario di questi due macro temi, Quasi Amici analizza il rapporto genitori e figli, mettendo in luce come sia problematico sia da un punto di vista borghese, agiato; sia dal punto di vista socialmente opposto; il rapporto con se stessi e quello di coppia ove emerge come siano intimamente legati.
Il senso di colpa
Poi ancora il senso di colpa, che viene analizzato da diversi punti di vista; a cominciare da quello del protagonista.
Philippe – Massimo Ghini, uomo dall’intelligenza sagace e dalla rara sensibilità, tetraplegico a causa di un incidente in deltaplano, percepisce chiaramente il senso di colpa provato da tutte le persone che gli gravitano intorno, semplicemente per il loro essere “in salute”. Sentimento, invece, del tutto assente nel sempliciotto ed ignorante Driss che, abituato a vivere di espedienti e piccola criminalità, è del tutto estraneo alle dinamiche “perbeniste” del ceto borghese. Per usare le parole dello stesso Philippe, Driss “Sa che non è colpa sua e questo è confortante”. Il senso di colpa poi si estrinseca anche nel rapporto con i propri cari e, infine, con se stessi.
I messaggi universali
La vicenda contiene dei messaggi emblematici dal carattere universale. Philippe, con la sua forza interiore, la sua intelligenza e la sua voglia di vivere insegna che ogni momento è sempre un dono. Anche nelle condizioni più disperate è sempre possibile trovare gioia e motivi per andare avanti e non sprecare il tempo a piangersi addosso. A tal proposito è bellissima la scena in cui torna a volare, sottolineando implicitamente l’importanza di superare le proprie paure.
Driss rappresenta la possibilità di riscatto umano e sociale, dell’importanza di non gettare la spugna e di rialzarsi anche dopo la caduta più rovinosa.
I due costituiscono un inno all’amicizia, intesa nell’accezione più ampia del termine, come rapporto profondo di crescita reciproca, fatto di stima, rispetto e sincerità.
La regia
La regia è molto fresca e si avvale di battute tanto spontanee che sembrano improvvisate. I due protagonisti Massimo Ghini e Paolo Ruffini padroneggiano con disinvoltura la scena e sono irriverenti e convincenti nei loro ruoli. Il primo, distinto, elegante e signorile ma un tantino monocromatico ed eccessivamente sobrio. Il secondo, inizialmente arruffato, sciatto e sporco, poi curato, pulito e pettinato. I due vivono una metamorfosi nell’arco dello spettacolo, Philippe – Ghini, si apre al colore e all’emotività accettando anche “il rischio” di mettersi in gioco in un rapporto di coppia; il secondo cambia completamente l’approccio alla vita a partire da una nuova fiducia in se stesso.
Il cast
Intorno a loro un cast di tutto rispetto, composto da Claudia Campolongo; Francesca Giovannetti; Leonardo Ghini; Giammarco Trulli; Alessandra Barbonetti; Diego Sebastian Misasi.
Scenografia, costumi e luci
La scenografia di Roberto Crea, che gioca sulla sintetica sovrapposizione di piani è essenziale ed efficace. I costumi di Stefano Giovani sono semplici e perfettamente funzionali alla narrazione, come specificato sopra.